L'HA DETTO ACCARDO
E Accardo è uomo d'onore. Ha detto, in una recente intervista al mensile 'Class', che i giovani violinisti stranieri di oggi, "non hanno nulla che i nostri violinisti non abbiano; anzi direi che i nostri giovani musicisti hanno più cultura musicale di quelli stranieri, una bella pratica di musica da camera e sono più musicisti"; lui che ha visto passare nella sua aula dell'Accademia 'Stauffer' di Cremona e nei corsi che tiene in tutto il mondo, generazioni di violinisti di tutte le nazionalità, e che, dunque, sa quel che dice. Ma allora perché, i nostri non sfondano, e quelli stranieri sono presenti in maggioranza nelle stagioni del nostro paese? Anche per questa domanda Accardo ha una risposta chiara: "E' un vecchio vizio tutto italiano, siamo malati di esterofilia: uno sconosciuto Romanovski viene sempre preferito ad un altrettanto sconosciuto Rossi"; e, poi, rincarando la dose: "Questo vizio dipende dalla incompetenza di chi ha la responsabilità della programmazione musicale, perché spesso ha avuto quell'incarico per meriti politici. Ci sarà anche qualche altra ragione? "Si, se si esaminano alcune carriere internazionali si ha l'impressione che gli interessati non facciano carriere 'musicali'. Tutt'altro. Insomma, è sconsolante dover prendere atto che anche i nostri più bravi violinisti (il discorso si può estendere ai musicisti in genere) non riescano a sfondare in Italia, come nel caso di tre bravissime violiniste italiane. Che sono, oltre tutto giovani e belle, come la gran parte delle giovani musiciste in circolazione. "Non sfondano perché fanno le musiciste e vogliono continuare a farlo. Gli agenti molte volte bruciano i giovani, tanto agli agenti del futuro dei giovani importa poco, troveranno sempre un altro talento da sfruttare; mentre una carriera si costruisce a piccoli passi, se non la si vuole terminare troppo presto". Allora, c'entrano anche gli agenti. "Per la carriera di un musicista entra in gioco anche l'agente o l'impresario. In Italia non ci sono agenti in grado di aiutare i musicisti a fare la carriera che si meritano. Mentre in Europa ci sono una decina di agenti che fanno il bello e cattivo tempo nella musica. Si ha l'impressione che suonare bene non sia più suffciente per avere una bella carriera". Due dati, a conferma di quello che dice Accardo. Prendiamo un paio di stagioni italiane del nord (Ferrara e Reggio Emilia, tanto per fare un esempio): nell'una e nell'altra non c'è ombra di musicisti italiani (si tratta di due stagioni fra le più titolate); prendiamone una anche al Sud, quella del teatro Bellini di Catania, dove nella passata stagione, per i concerti sinfonici non c'era un solo direttore italiano; e, infine, prendiamo anche una stagione straniera, lontana da noi, quella dell'Orchestra Sinfonica Nazionale Irlandese. Tutti i musicisti ospiti sono irlandesi o anglosassoni, due sole le eccezioni nell'intera stagione: Chailly, in tournée con la sua orchestra di Lipsia ed un pianista francese. Basta. Molti programmi di nostre stagioni musicali sembrano quelle di istituzioni straniere, mentre non accade mai il contrario e cioé che nei programmi di istituzioni straniere siano presenti, né in egual misura e neppure sporadicamente, musicisti italiani. E' troppo pretendere che qualcosa di simile accada anche sotto i cieli azzurri d'Italia?