Investire nella musica e nella cultura, scrivevamo nell’editoriale del numero precedente. Per essere professionisti all’altezza della situazione, certo, ma anche e soprattutto per essere cittadini e uomini migliori. Una speranza, un’illusione: i fatti ci smentiscono, ahimé. I Conservatori sono finiti nel tritacarne delle recenti legiferazioni, consapevolmente o no, non sappiamo. E spieghiamo di che si tratta, per chi ancora non fosse aggiornato, perché il fatto ci appare davvero eclatante.
Nell’intento lodevole di agevolare gli studenti poco abbienti è prevista nella nuova legge di stabilità dal prossimo anno accademico una esenzione e progressivamente tariffe molto basse per la contribuzione universitaria per coloro che presentino un ISEE dell’ordine dei 15-16mila euro. La nuova disciplina deve essere applicata anche dalle Istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). Il paradosso sta nel fatto che per far fronte a queste agevolazioni la legge ha considerevolmente incrementato il Fondo di Funzionamento Ordinario delle Università, ma non quello delle Istituzioni AFAM. Le quali appunto, ancora una volta, considerate nell’ambito universitario per alcuni aspetti non lo sono per altri, che guarda caso riguardano i finanziamenti. L’esito perverso di questa incongruenza è così riassunto: le istituzioni avranno una consistente perdita di fondi provenienti dalle iscrizioni, nonostante coloro che si trovano nella fascia fra i 20.000 e i 30.000 ISEE e oltre - soprattutto in quei Conservatori in cui le contribuzioni erano mediamente basse e/o poco o nulla influenzate dall’ISEE - vedranno di fatto quanto meno raddoppiata la loro contribuzione. Non è una fascia di reddito da nababbi: con due stipendi e una casa, una famiglia spesso raggiunge e supera i 30mila euro di ISEE, anche se sostiene molte spese.
Perché ci soffermiamo su particolari tecnici e forse - speriamo - transitori, in questo nostro editoriale dedicato solitamente a temi più generali?
Perché una così palese perdita di risorse, senza prevedere somme compensative come per le Università, mettendo gli studenti in una situazione di contribuzione decisamente sbilanciata, è sconcertante. Un errore involontario o una surrettizia modalità per abbandonare le singole istituzioni AFAM al loro destino? Le risposte ufficiali finora hanno confermato che verrà soltanto attuata una diversa ripartizione dei fondi da parte ministeriale, tenendo conto dei nuovi parametri e quindi delle perdite eventuali, ma la somma complessiva rimane quella. Una coperta troppo corta per far fronte alle perdite previste.
Non possiamo credere che il mondo AFAM, per quanto non privo di problematiche (molte delle quali causate da evidenti vuoti normativi), meriti un trattamento come questo.
Noi con Musica+ continuiamo a manifestarne la qualità, la vitalità, le risorse di professionalità. Maestri illustri del passato e del presente, convegni, dibattiti, progetti di produzione artistica, ricerca musicologica e sulla prassi musicale, e quella capacità - nonostante tutto - di formare professionisti che spesso costretti ad espatriare, continuano a testimoniare la qualità della loro formazione in Italia. Nel suo piccolo Musica+ accende i fari sul mondo musicale sempre dalla prospettiva di chi studia e lavora per i musicisti in divenire: vogliamo essere letti, essere considerati, essere valorizzati.
Ci sono molti giovani, molte famiglie, molti docenti che credono nel valore della Musica come professione, che dedicano le loro energie a migliorarsi nell’arduo percorso artistico. Per il bene di tutti e di una società meno smarrita ma più densa di valori, sosteniamoli. La musica non è un optional, è una necessità per una società civile, come ben sanno quei popoli che dopo la guerra hanno ricostruito le sale da concerto prima di molte altre infrastrutture.
Diminuire o abbassare le tasse per alcuni, alzarle molto per altri e per di più ritrovarsi con Istituzioni comunque depauperate non è quello che un Paese come l’Italia, con il suo passato e il suo presente di talenti, può meritarsi. Occhi aperti, dunque, e da chi è responsabile della governance aspettiamo risposte.
Carla Di Lena