Rivista Musica+ n. 52 anno 2018

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Ansia da palcoscenico. Quando suonare in pubblico diventa un percorso a ostacoli.
52
aprile - giugno
2018
Allegati
Musica+ n°52 - Sommario [ pdf - 983.7 KB]

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Editoriale

Non è un problema da poco ma nella didattica ufficiale difficilmente viene affrontato. L’ansia da palcoscenico in una certa misura è connaturata al ruolo del musicista, ma è proprio la diversa gradazione che fa la differenza. La tradizionale figura di insegnante unico che travasava l’intera sua esperienza all’allievo dal primo all’ultimo anno del percorso strumentale, nella prassi talvolta contemplava che si affrontassero anche gli aspetti della gestione della propria attività da più punti di vista. Tutto però era affidato all’iniziativa del singolo insegnante.

Oggi la formulazione dei nuovi ordinamenti con un certo numero di materie collaterali allo studio dello strumento e anche con attività a scelta proposte dall’istituzione offre l’opportunità di integrare l’iter formativo con conoscenze più strutturate relative a altre sfere che coinvolgono l’attività dello strumentista. Tra queste le discipline legate alla consapevolezza corporea, ad esempio, hanno trovato una collocazione ufficiale, mentre la gestione dei problemi legata all’ansia comincia ad essere affrontata solo di recente nelle istituzioni AFAM con iniziative sporadiche che può essere utile conoscere. Così come può essere utile segnalare quali pubblicazioni affrontano l’argomento nel recente panorama editoriale. Di questo Musica+ comincia ad occuparsi con il dossier in apertura, offrendo un valore aggiunto: un ampio estratto di uno studio di Dottorato di Ricerca, realizzato da una pianista italiana presso l’Università di Aveiro, in Portogallo, che raccoglie e valuta dati utilizzando metodologie scientifiche relativamente allo stress da performance del musicista che suona in duo. Formazione stabile o formazione occasionale? Quali diverse reazioni negli esecutori in una condizione o nell’altra? Lo studio attraverso accurate analisi che coinvolgono i dipartimenti di biologia, ingegneria, psicologia arriva ad interessanti conclusioni che qui non anticipiamo. Viene da sé, a questo punto, che ci si chieda perché per svolgere ricerche di questo tipo, realizzate in ambito universitario, il musicista italiano debba andare all’estero.

All’attivazione del terzo livello nelle istituzioni AFAM abbiamo già dedicato attenzione in passato e continuiamo a dedicarla ora. Un recente convegno organizzato dal MIUR su questo tema apre spiragli nella direzione del completamento della riforma, che dai propedeutici alla messa a ordinamento dei bienni attende ora il completamento nell’attivazione dei dottorati di ricerca. Il Direttore Generale Maria Letizia Melina ci ha gentilmente concesso per la pubblicazione il testo del suo discorso che offre aperture significative nei confronti dell’attivazione dei dottorati.

Cosa vuol dire fare ricerca nelle nostre istituzioni? è un dibattito aperto, in cui è importante valorizzare la nostra specificità. Ci sono tuttavia esempi concreti. Ne abbiamo considerato uno propostoci da alcune colleghe del Conservatorio di Bari che da anni lavorano ad un ampio progetto dedicato alle ‘musiciste’. La conoscenza e la valorizzazione del contributo delle compositrici nell’ambito della storia della musica occidentale si concretizza in ricerche d’archivio, conoscenza di repertori sconosciuti e proposte di esecuzione. Un esemplare ciclo virtuoso.

Il focus che Musica+ in questo numero dedica alle compositrici vuole essere solo un inizio, in linea con gli intenti che la nostra rivista da sempre si propone. Dedicare attenzione cioè a quegli aspetti poco conosciuti ma sostanzialmente significativi spesso tralasciati dalla stampa specializzata. Nel caso delle musiciste un antidoto al culto dell’immagine artefatta, alle interviste glamour con ritratti patinati di simildive che cercano disperatamente uno spazio nei media sempre più avari di attenzione alla ‘classica’, a meno che non si cerchi di assomigliare alle icone pop. Musica+ non vive con introiti pubblicitari, è interamente sostenuta dalle risorse del Conservatorio dell’Aquila e può permettersi di dare luce a quelle ‘Ombre da illuminare’ che attendono solo uno ‘spot’ che si accenda su di loro per offrire nuovi percorsi da conoscere e da esplorare. Una ricerca affascinante, a più voci, come recita il sottotitolo di Musica+, che cerchiamo di condurre grazie alla collaborazione di coloro che ci aiutano di volta in volta, con il loro incessante lavoro di ricerca, a far emergere aspetti inconsueti, diversi e inaspettati, fuori dalle logiche commerciali. ‘Ombre’, appunto, ‘da illuminare’.

Carla Di Lena